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Il sogno infranto dell'idrogeno

di Marco Magrini

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Pare che Brad Pitt, Pierce Brosnan e Cameron Diaz amino farsi vedere in giro con la loro Bmw Hydrogen 7. Al salone di Detroit, la Toyota ha promesso che nel 2015 produrrà auto con celle a combustibile alimentate dal più piccolo degli atomi. Nel catalogo delle big three di Detroit – General Motors, Ford e Chrysler – c'è almeno un modello a idrogeno. E lo stesso dicasi di Nissan e Honda. Dunque l'economia al l'idrogeno, come reclamizzava il futurologo Jeremy Rifkin nel suo omonimo libro del 2002, sta per diventare realtà? Nemmeno per sogno. Se l'idrogeno sarà davvero nel futuro dell'umanità – e c'è ormai chi lo mette in dubbio – si tratta di un futuro lontano.
Le star di Hollywood hanno la macchina a idrogeno per motivi d'immagine (la loro e quella dei costruttori d'automobili). La Toyota, ormai la number one in barba alle big three, annuncia sì un modello a idrogeno fra sei anni, ma «in quantità limitate». E la Honda, che la scorsa estate ha fatto parlare di sé con il design e le prestazioni della sua Fcx Clarity, promette che ne costruirà ben 200 esemplari. I primi dei quali, attualmente, vengono dati solo in affitto (600 dollari al mese) e solo in due località della California, dove il caso vuole che ci siano due stazioni per fare rifornimento. Le stesse due abitualmente usate da Pitt, Brosnan e Diaz, si immagina.

Per diventare realtà, la motorizzazione a idrogeno (per non parlare dell'economia, a idrogeno) deve superare una quantità rilevante di ostacoli scientifici e tecnologici. Difatti, nonostante tutti questi annunci, è arcinoto che le case automobilistiche vedono il futuro nelle auto ibride e, poco più in là, in quelle puramente elettriche. La Ballard Power System, un'azienda canadese che produce celle a combustibile, aveva fatto faville al Nasdaq (98 dollari ad azione) con la promessa dell'auto a idrogeno, salvo poi chiudere addirittura la propria divisione "mobilità" (prezzo attuale in Borsa: 1,14 dollari). E quella visione futuribile di una nuova civiltà dell'automobile, alimentata dall'idrogeno ricavato dall'acqua e senza più emissioni di anidride carbonica, è ormai finita nella polvere. «L'idrogeno potrebbe avere un impatto significativo dal 2050 in poi», dice John Heywood, direttore del laboratorio automotive all'Mit. E l'accento è su quel «potrebbe».
Nel discorso sullo Stato dell'unione del 2003, l'ex presidente Bush – criticato per le sue posizioni ambientali – lanciò l'idea di un'America che andava a idrogeno, sempre libera di correre in autostrada, ma senza emissioni-serra. Il suo successore, forse l'avrete notato, si è lanciato in promesse più grandiose e ben più "verdi". Ma senza mai pronunciare la parola: «idrogeno».

Solo il 5% dell'idrogeno commercialmente disponibile viene dall'acqua, perché richiede troppa energia. Solitamente, viene ricavato dal metano e quindi addio ai benefici ambientali. L'unico modo per produrne tanto, e usando l'acqua, sarebbe con la fusione nucleare: una tecnologia non provata, che il mondo sperimenterà in Francia, con il progetto Iter, a partire dal 2030.
E poi c'è lo stoccaggio. A parità di contenuto energetico, l'idrogeno occupa tre volte lo spazio della benzina. Si potrebbe liquefare a temperature vicine allo zero assoluto (-253 gradi) come fa la Nasa, ma ci vuole troppa energia. La Gm ha trovato il modo di comprimere l'idrogeno, ma ci vuole un serbatoio molto grande e robusto. Non bisogna dimenticare che l'idrogeno è l'atomo più piccolo e che, per sua natura, scapperebbe da tutte le parti. Ah già, e c'è un altro piccolo dettaglio: l'idrogeno può esplodere.

A questo scenario, aggiungiamo pure le difficoltà connesse al trasporto e alla distribuzione, e si capisce che gli ostacoli sono al momento insormontabili: nel mondo, ci sono oggi circa mille chilometri di condutture che trasportano idrogeno, ma costano un milione di dollari al chilometro. «Se doveva essere una strategia per risolvere i problemi climatici, non abbiamo il tempo per adottarla», sentenzia dice Joseph Romm, autore del libro The Hype about hydrogen.
Certo, la partita non è chiusa qui. Dalle parole di Bush a oggi, il Congresso americano ha riversato sulla ricerca 1,16 miliardi di dollari. Di piccole, grandi scoperte, ne arrivano tutti i giorni. Il «Times of India» riporta che un gruppo di studenti di Bangalore ha inventato una macchina che fa 500 chilometri con un litro d'acqua, usando le coppie di molecole H2 che stanno dentro la H20. Se è per questo, in Giappone, l'Università di Tokyo e un'azienda, la Kajima, stanno sperimentando la produzione di idrogeno tramite i residui della digestione umana, grazie a un microbo lì contenuto. È quindi lecito attendersi una messe di invenzioni e di scoperte che ci avvicineranno sempre di più verso un'economia, e una motorizzazione, all'idrogeno.
Ma per fortuna, come lascia intendere Romm, l'umanità ha anche altre opzioni, nel suo cammino verso un'economia a bassa intensità di anidride carbonica. L'idrogeno potrebbe anche trovare un posto, nel nostro futuro. Ma l'accento è su quel potrebbe.

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